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sabato 16 luglio 2011

Tempo d’estate e di considerazioni

In estate, la Lapponia svedese si colora. Le betulle lasciano il grigiore invernale e si vestono di verdi foglie, la terra priva della neve torna a respirare. Muschi e licheni hanno il sopravvento ed ovunque mirtilli e bacche ricoprono i terreni acquitrinosi. La cosa più sorprendente sono i tetti. In molte case si segue la tradizione e si lasciano crescere sul tetto zolle di erba che serviranno per far nascere meravigliose orchidee. E’ il tempo del sole di mezzanotte, delle renne che partoriscono i piccoli e della migrazione degli uccelli che a frotte si riposano lungo le rive dei laghi.
Io e Ginger osserviamo con sorpresa l’incedere delle stagioni. Per Ginger, il mio husky siberiano l’estate è il mese più divertente. Ginger ama rincorrere gli scoiattoli, le gazze ladre che tentano di rubargli il cibo dalla ciotola e si diverte a nuotare nei laghi immensi, tentando di acchiappare le anatre di passaggio. Nei pomeriggi assolati ci attardiamo sul lago, magari prepariamo un barbecue con il pesce pescato nelle spiagge vicino casa, oppure con il kayak ci allontaniamo lungo i canali per spiare le famiglie dei castori che escono allo scoperto. Se Ginger riesce a contenere il suo entusiasmo e rimane in silenzio, i castori passano placidamente accanto al kayak altrimenti con un grande salto e sbattendo la coda si immergono nuovamente nelle acque profonde. Spesso, dopo le abbondanti piogge il lago si ricopre di una sottile nebbia profumata. Esala poderosa dalle foreste limitrofe diffondendo un profumo di resina inconfondibile che si sparge nell’aria inebriando i sensi. 

Quante volte ho pensato a chi vive in città. Non si possono negare i vantaggi. Figlie del progresso, le città, soddisfano le nostre esigenze ma allo stesso tempo ci allontanano da tutto ciò che è la natura. Soddisfatti i bisogni primari, l’arte, la creatività e la capacità di inventarsi si riducono notevolmente. Si vive, si consuma, si ama, come perfetti automi, seguendo le masse, il flusso, ciò che è di moda, senza riuscire a pensare ad altro. Una volta sul tavolo si lasciava la lista della spesa, adesso, c’è il promemoria del centro estetico, i vari appuntamenti. Ci osserviamo allo specchio e ci chiediamo quanto costerebbe nascondere i segni del tempo e le borse sotto gli occhi che l’insoddisfazione accresce. La competizione uccide, si vuole volare in alto ma senza prendere mai il volo, senza la fatica dei lunghi pellegrinaggi per la conquista (metaforica) di nuove terre su cui approdare che non siano il salotto di casa. Magari si vola facendo zapping con il telecomando e desiderando di essere questo o quell’attore famoso, ma mai noi stessi.
Smettendo di pagaiare e rimanendo in mezzo la lago si ha come la sensazione di essere in un altro pianeta. Devo dire che tutto questo mi piace ed è, senza esagerare, uno dei migliori mondi possibili. Con il tempo si apprezza il valore della solitudine e si rifugge dalla confusione, dalla massa. Le gru color grigio fumo, le oche dal bianco piumaggio ti passano vicino e sembra quasi che ti sfiorino. Loro almeno, gli animali, obbedendo alle leggi della natura seguono il loro corso naturale e non rimangono intrappolati dalle reti della mente umana. Quello che ci ha resi liberi, il progresso, ci ha pure creato grosse catene. Ci ha tolto altre libertà incastrandoci in ruoli che spesso non ci appartengono. Tiziano Terzani, in un libro in cui racconta di uno dei suoi tanti viaggi decide di spogliarsi del suo nome, di ciò che tra gli umani è fondamentale per riconoscersi l’un l’altro, per assegnarsi un ruolo sociale, una posizione giuridica. Voglio essere “nessuno“ dichiara. Non voglio avere un nome che mi identifica. La mia essenza, il mio io non si riconoscono più perché lontani dalla natura da dove io sono venuto e destinato a tornare: “la polvere ritorna alla polvere…” questo ci insegna la Bibbia.
Certo, ma non è necessario fare scelte così estreme, basterebbe riavvicinarsi allo stato naturale delle cose, lasciare per un attimo il telecomando e magari dedicarsi ai propri affetti, alle proprie passioni, agli hobby ed educare i propri figli ad usare il cervello e le sue infinite potenzialità.
Che effetto sorprendente si ha dopo qualche ora, continuando a pagaiare. Ginger adesso comincia ad essere irrequieto. Si annoia, è come i bambini. Mi accosto sull’altra riva e lo lascio correre libero. Lo seguo con lo sguardo, con amore fino a quando stanco, ululando, mi chiamerà e torneremo a casa con il sole di mezzanotte all’orizzonte.

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