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mercoledì 4 agosto 2010

La mia lapponia

“ Mi rendo conto di quanto sia stata fortunata nell’ avere potuto condurre una vita libera e ad misura d’ uomo in una terra piena di pace dopo aver conosciuto il frastuono e le preoccupazioni del mondo” Karen Bixlen, La mia Africa.








La scelta di questo titolo non è a caso. La lapponia la sento mia anche se a dirla tutta non sarebbe la lapponia vera e propria rintracciabile nelle cartine geografiche. Mi piace tuttavia questa parola perché quando la pronunci ti si riempie la bocca e da l’ idea di una terra dell’ abbondanza, della magia, di un posto lontano e leggendario come potrebbe essere l’ isola di Atlantide o addirittura L’ Iperborea , la terra dei ghiacci.
A volte quando attraverso il sottile lembo di terra tra la Germania e la Svezia e cioè la bella Danimarca il mio pensiero corre a Karen Blixen una nobile danese estroversa e amante dell’ avventura che lascia una terra nordica per innamorarsi di quella che definirà poi “ La mia Africa” una terra che raggiungerà nel 1913 fino al 1918 e che segnerà la sua vita ed i suoi amori.
In effetti ciò che si prova a vivere nella terra dei ghiacci per eccellenza può essere paragonabile a quella della contemplazione delle grandi distese africane. Direi che è lo stesso smarrimento,la stessa estasi che ti porta ad essere tutt’ uno con L’ universo. Ciò che Karen Blixen amò profondamente dell’ Africa fu la sua semplicità e il fatto che tutto sommato l’ allegria e il senso dell’ onore degli africani e il loro modo di essere era ben lunga preferibile agli odiosi e razzisti intellettuali inglesi di cui si circondava. Ciò che io , Luisa, amo di questa terra è la non contaminazione umana. Un posto dove è ancora possibile vedere “le origini”, sentire il richiamo dei popoli nomadi che abitarono queste terre impossibili sfidando gli elementi della natura. Tutto è rimasto come 10.000 anni fa. In slitta, con i cani, che scalpitano , fremono e corrono felici non puoi non sentirti così non puoi non sentire questo richiamo. Molti mi dicono, ma se vengo li cosa c’ è da vedere? Non potrei dire che ci siano cose “ da vedere”. In realtà si tratta di immensi plateau ghiacciati, di vento spesso gelido che ti sferza il viso ma ti fa sentire anche vivo. Di foreste immense cariche di neve e il frastuono di rami che si spezzano sotto il peso del manto innevato. Il vedere è in realtà un sentire. Una mente lucida e razionale direbbe : “ Ma non c’è nulla”! . E di fatto dico sempre a quelle persone di girare lo sguardo verso altre mete... non è un posto per loro.
Ciò che solitamente si prende come un accezione negativa e cioè le temperatura costantemente sotto lo zero diventa - per chi ha la possibilità di viverci e di sperimentare un esistenza fuori dai canoni i classici - un banco di prova, una caratteristica essenziale per misurarsi con qualcosa di primordiale e ancestrale. Fino a pochi anni fa non sapevo nemmeno dove si trovava la lapponia . La sua storia, la fauna,l a flora mi era pressoché sconosciuta. Adesso quelle distese brulle, dimenticate da Dio sono parti essenziali del mio essere . D’ inverno, in certe aree sembra di osservare una tela disegnata a carboncino. Tutto bianco e nero, nero e bianco dovuto alle immense foreste di betulla dalle cortecce color argento ma dai rami scuri e secchi ,tipica livrea dei mesi invernali. Ossevando le betulle si ha come la sensazione che tutto è perduto e che da quegli esili rami risecchiti non uscirà mai più niente di buono - come se il gelo si fosse portato via la linfa vitale. In realtà, la natura sa come adattarsi e rigenerarsi. Con la primavera una linfa sorprendente ricolorirà le betulle regalandogli un nuovo manto ricco di foglie verdi e dalle varie tonalità .
L’ inverno è di gran lunga la stagione che preferisco - e pensare che sono sempre stata un amante del caldo e del mare- Le ossessioni moderne per il buio, il freddo, le giornate corte, il come vestirsi ,il non so bene cosa fare – in queste terre diventano cose banali , minori. Con il buio si scoprono tante cose. Ad esempio gli animali notturni. Più volte siamo usciti con gli sci guidati dalla luna piena e con una semplice torcia sulla testa, come quella dei minatori. Cominci ad addentarti in un territorio senza tempo - il bianco spettrale del paesaggio si unisce al bianco cristallino dei tuoi capelli e le tue ciglia divenute così per effetto del gelo.
Di notte, c’è la luna che ti guarda e ti accompagna. Timide volpi fanno capolino dalle tane , ne scorgi la lucentezza degli occhi che ti guardano da lontano. Un giorno , ricordo bene, un nostro cliente decise di sciare in noturna. Era una pista facile, sicura , illuminata. Dopo un pò lo vedemmo ritornare pallido e spaventato.
Asseriva di aver visto dei lupi, un gruppo di 5 o 6 esemplari che gli si erano parati davanti e lo osservavano. Così, lui guardava loro e loro guardavano lui entrambi pieni di terrore. Più tardi andammo in avanscoperta per rivedere il famoso luogo dello scontro”. In realtà ciò che aveva visto non erano i lupi delle favole famelici e che solitamente ti aspettano al varco nelle foreste come tradizione vuole - si trattava, in realtà, di piccoli cervi che alla vista di quell’ energumeno umano vestito di rosso e fosforescente si erano bloccati dal terrore in mezzo alla pista di ghiaccio.

Dicevo l’inverno - Spesso i limiti li mettiamo noi.
A volte nelle notti fredde e limpide si può vedere l’ aurora boreale. Si narra che nel silenzio delle notti boreali è possibile sentire un suono. Un dolce sibilio che accompagna l’ ondeggiare dell’ aurora nel cielo. Io non ho sentito nessun suono a dire il vero - se non quello della mia anima che a stento faticava a credere a ciò che gli era innanzi. Nonostante le spiegazioni scientifiche - non tutto secondo me è riconducibile alla razionalità. Non sempre mi interessa una spiegazione logica. Come certe pretese, in molte opere d’ arte o letterarie di voler entrare per forza nella testa dell’ artista per porsi la fatidica domanda “Perche? e nell’ affannosa ricerca di darsi una risposta della quale francamente me ne infischio… come la celebre frase hollywoodiana.
In quel momento l’ aurora era per me non un insieme di protoni ed elettroni che vanno ad interagire con la ionosfera ma la manifestazione di un essere soprannaturale, un Dio al cui mistero sono affidati i segreti del mondo e dell’umanità tutta.

1 commento:

  1. come se fosse per scherzo
    Luisa morde ridendo
    un ghiaccio durissimo

    sorride intenzionalmente
    forse
    e mi fa dimenticare
    anche chi sono

    esiste Lei
    così bella
    immaginata
    chissà da chi

    per un attimo si può mirare
    stupenda ninfa
    dipinta dal Mantegna
    pare

    Luisa è.

    dario-

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